domenica 19 gennaio 2020

Da Sciacalli a Sardine, l'Italia di Oggi








                                                                 FOTO DEL CORRIERE DELLA SERA
Sembrava essere finita la scorsa estate, la stagione dell'incubo di una Italia senza più una identità di quei valori umanitari ai quali eravamo abituati a riconoscerci dalla nascita.

Più che cittadini nati nel  post Rinascimento, negli ultimi anni ci sembrava di vivere in pieno medioevo, assaliti dalla paura, madre della violenza e dell'odio. Sembrava di essere oppressi dall'angoscia e dall'egoismo, che sappiamo bene, tengono gli uomini prigionieri dell’ansia e ancora più simili agli animali in condizioni di pericolo: in perenne situazione di difesa.


Era questo il clima che si respirava. Eravamo allo stesso tempo, preda e predatori. Mai uomini!

In tutta l’Italia si erano moltiplicati gli episodi di violenza contro gli immigrati, contro artisti, giornalisti, magistrati e contro chi salvava le vite umane in mare o in qualche altro luogo, contro i bambini stranieri o disabili, contro gli anziani perché “colpevoli di essere un peso per la società”, come non si era più visti dai tempi del fascismo. Non eravamo più umani, ma bestie in preda alla paura.

Si sparava in piena luce del giorno contro cittadini inermi e persino l’arma dei carabinieri si era macchiata di un reato orribile di violenza sessuale su ragazze straniere, seppur statunitensi.
Impossibile capire, se non alla luce dell'odio, che l’intera nazione, salvo i cosiddetti “buonisti”, che resistevano come i partigiani nell’epoca della seconda grande guerra mondiali, il popolo italiano sembrava contagiato da un odio cieco, da una paura insensata di una invasione di popoli mai esistita. Le persone si comportavano in modo estrano, arrogante, irrazionale. Qualche volte sembravano possedute da spiriti malvagi, tale era la cattiveria con la quale si riferivano agli altri, gratuitamente e spesso nei luoghi pubblici.

Gli autobus e altri mezzi di trasporto della massa erano diventati i palcoscenico di disumano squallore. La politica italiana faceva le veci da regista.

Un virus? Una malattia? No. Solo pubblicità intensiva, pagata a caro prezzo dal contribuente, di odio associato alla paura dell'altro, chiunque essi fosse. Un odio cieco che rispondeva ad una paura ugualmente cieca. Uomini, donne, ragazzi e persino, a volte, anche i bambini, che sembravano non conoscere più la propria umanità, i propri simili. La sensazione era quella di vivere circondati da zombi, pronti ad attaccare per rubarci il sangue,la vita a pezzi e quindi, la perenne sensazione di paura, in un costante stato di allarme.

Dopo il Papeete e i vari tour sulle spiaggia italiane, tra culli, tette e mojito cubano, “Lo Stolto”(ho deciso di ribattezzarlo così) aveva iniziato ad scavare con le sue manine la propria fossa sulla sabbia (o così era sembrato agli spettatori acculturati), ma solo dopo aver abusato di ogni grazia di Dio, tra moto d'acqua della polizia come giostra per i suoi figli, apparato militare, aereo e elicottero di stato per spostarsi in qua e in là, dove aveva pure portato a giro la sua perenne campagna elettorale e alle sue varie apparizioni mutandesche, a pancione peloso scoperto all'aria, dove aveva esibito senza pudore non solo il proprio corpo, ma anche ogni suo modo sgarbato e volgare di inghiottire i soldi pubblici, la cosa pubblica, il popolo italiano intero, la loro vita e dignità, in un momento di pico della sua esacerbata megalomania di onnipotenza è caduto e in quel momento l’Italia improvvisamente sembrava essere uscita dalla maledizione di un cattivo incantesimo e ridiventata un paese civile di primo mondo.

Lo Stolto aveva calcolato allora di essere arrivato al momento buono per colpire: scaricare tutto il resto del governo per regnare indisturbato e così aveva messo in atto una deprimente scena di cabaret, degna di un libro dello scrittore brasiliano Jorge Amado (che ho conosciuto bene e che di miseria se ne intendeva assai), dove il traditore si spacciava per tradito e chiedeva alla maggioranza di governo di levarsi di mezzo, di farsi largo, per farlo governare da solo e con pieni poteri.

Siamo nel 2020, in un epoca strana che sembra invidiare il passato e aver paura del futuro, senza mai concepire l’idea del proprio presente.

Sarà stato il troppo caldo in testa allo Stolto, prodotto dal riscaldamento globale al quale aveva più volte allertato la piccola Gretta (criticata e minacciata dalle Bestie dello Stolto), oppure il mojito di troppo, che con il sole di una estate mediterranea particolarmente calda fosse salito alla sua testa, o semplicemente l’idea che l’amuleto di Maga Magò, lontana ormai dal Vesuvio dei terroni e trasferitasi nella triste vale della Padania, in quel lembo di terra chiamato Busto Arsizio, li aveva dato quel “tcham” di invincibilità? Lo Stolto si sentiva un Dio grazie anche a quei calcoli più calcoli, a cui ormai si era abituato a fare e che lo indicavano al top (anche se la matematica non è una opinione) per prendersi la guida della nazione. Ma i calcoli dello Stolto si erano rivelati molto approssimativi e fu così che…
Lo Stolto è caduto.

E’ caduto vertiginosamente e anche vergognosamente in un oblio di profondità sconfinata proprio lui, l’uomo dei confini, dei blocchi navali e dei muri… Impossibile calcolare la scesa agli inferi del povero Stolto.

Perché “Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi”, si dice.

In contemporaneo, miracolosamente, le persone tutte, i cittadini, sembravano essersi liberati da un incantesimo terribile ed improvvisamente erano ricresciuti i fiori della speranza e dei valori civili (salvo qualche gramigna) e gli italiani sembravano non essere più in preda alle allucinazioni della purezza razziale, dell’odio verso tutti e dentro il petto della gente era finalmente ritornato a battere un cuore umano, italianissimo ed era tornata in ciascuno quell’anima italiana, libera, solidale. Eravamo tornati ad essere dei veri Uomini, dei veri cristiani, dei veri veri! Era arrivato, finalmente il giorno della liberazione per tutti quanti.

M come i film Horror che non finiscono mai senza la fatidica scena dove il male apparentemente sconfitto si insinua, dando a capire allo spettatore che i guai non sono del tutto finiti, anche questa narrazione non potrà finire come nelle fiabe con la frase che concilia il sono agli innocenti e mette serenità e pace al loro cuoricino: “E vissero felici e contenti”.

Dopo un po' di chilometri fatti di faticosa risalita, lo Stolto si affaccia alla superficie dei media col suo ghigno, e con l’aiuto degli zombi e qualche mummia ricomincia, seppur con più discrezione, la medesima campagna di disumanizzazione del paese.

Meno cabaret e meno soldi pubblici a disposizione (a parte quei 49 milioni rubati al popolo e quei soldi russi di cui abbiamo una scarsa notizia), colpisce con meno grinta di prima, ma ci prova lo stesso; è il solo modo per riprendersi il potere ( “il mio tesoro”, come avrebbe detto Smilzo, nel Signore degli Anelli”), anche se precari così come sono, vuoti così come sono, miserabili così come sono.
Come fanno a farsi credibili a qualcuno è un mistero dell’era internet da svelare, dove appena rimessa in moto la propaganda dell’odio, riesce insieme alle sue bestie a trasformare un qualsiasi individuo pacato in predatore incompassionevole. E di bestie lo Stolto se ne intende, come anche Trump. Bolsonaro in Brasile e tanti altri stolti sparsi per il pianeta.

Lo Stolto bacia il crocifisso come un mafioso qualunque. Porta con sé la triste immagine della Madonna a spasso, come un qualunque capo mafia italiano, per esporla come si fosse una delle povere donne del Festival di Sanremo. Evoca un dio che nessuno che abbia un minimo di conoscenza del bene e del male vorrebbe mai adorare, eppure ci cascano.

Ed ecco che arrivano le Sardine! Non portano con sé né bandiere di partito nè di nazione, e ripudiano l’odio. Riempiono le piazze di Italia di tutta quella bella gente che avevamo scordato l’esistenza. Riempiono il vuoto di una sinistra italiana che non ha più il coraggio di osare. Riempiono di uomini, donne, giovani, giovanissimi e anche di bambini quelle piazze che poco tempo prima erano state scenario di violenza e di barbarie.

Non hanno un partito. Non sono un partito politico. Le Sardine sono quella bella fetta di resistenza all’ignoranza e al male comune. Sono giovani. Sono anche vecchi e disabili. Sono il popolo dimenticato e dato in pasto agli squali della politica nazionali. Sono la voce tenuta in disparte. Sono quei 20 mila disoccupati dell’accoglienza ai profughi che Luigi di Maio ha voluto ignorare. Sono quei 5 milioni di volontari che operano nel sociale dando lustro e sostituendo la mancanza di servizi di questo paese assurdo, che nessun politico vuole considerare. Sono adesso loro i Partigiani di Italia, che come allora, verrano riconosciuti nel valore del loro grido all’umanità e nella forza del proprio riscatto umano. Sono i protagonisti di una umanità migliore, anche se adesso è così abbandonata dai politici. Sono la carne e le ossa di questa terra rinascimentale e sfoggiano la più bella espressione politica di cittadinanza attiva che sembra non trovare più alcun spazio nelle istituzioni.



Katia Fitermann



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